Intervista a Giacomo Leopardi: "Lontano da Recanati"

Immagine trovata sul web

Conte Leopardi, ben ritrovato. Vogliamo parlare un po’ del Leopardi “fuori casa”, dei suoi soggiorni da lei tanto desiderati? Lei ha vissuto a Roma, presso gli zii materni, dal novembre 1822 ad aprile 1823, come ricorda quel periodo? In particolare l’incontro con i letterati del tempo, grande opportunità per chi era costretto in un piccolo paese…

letterati ... io n’ho conosciuto pochi, e questi pochi m’hanno tolto la voglia di conoscerne altri. ... Secondo loro, il sommo della sapienza umana, anzi la sola e vera scienza dell’uomo è l’Antiquaria. ... Filosofia, morale, politica, scienza del cuore umano, eloquenza, poesia, filologia, tutto ciò è straniero in Roma ... La bella è che non si trova un Romano il quale realmente possieda il latino o il greco.

Nessuno?

…fui da Cancellieri (abate Francesco Cancellieri, nda) il quale è un coglione, un fiume di ciarle, il più noioso e disperante uomo della terra; parla di cose assurdamente frivole col massimo interesse, di cose somme colla maggiore freddezza possibile; ti affoga di complimenti e di lodi altissime, e ti fa gli uni e l’altre in modo così gelato e con tale indifferenza che a sentirlo, pare che l’esser uomo straordinario sia la cosa più ordinaria del mondo.

E il genere femminile? Con loro è sicuramente più facile un approccio…

V’assicuro che è propriamente tutto il contrario. Al passeggio, in Chiesa, andando per le strade, non trovate una befana che vi guardi.
Le donne romane alte e basse fanno proprio stomaco; gli uomini fanno rabbia e misericordia…il più stolido Recanatese ha una maggior dose di buon senso che il più savio e più grave Romano.

Ma c’è almeno un momento piacevole impresso nella sua memoria?

Venerdì 15 febbraio 1823 fui a visitare il sepolcro del Tasso e ci piansi. Questo è il primo e l'unico piacere che ho provato in Roma. La strada per andarvi è lunga, e non si va a quel luogo se non per vedere questo sepolcro;- ma non si potrebbe anche venire dall'America per gustare il piacere delle lagrime lo spazio di due minuti?

Come ricorda quel momento, a parte le lacrime?

Molti provano un sentimento d'indignazione vedendo il cenere del Tasso, coperto e indicato non da altro che da una pietra larga e lunga circa un palmo e mezzo, e posta in un cantoncino d'una chiesuccia. Io non vorrei in nessun modo trovar questo cenere sotto un mausoleo. Tu comprendi la gran folla di affetti che nasce dal considerare il contrasto fra la grandezza del Tasso e l'umiltà della sua sepoltura. (tu è riferito al fratello Carlo, n.d.a)

Ma tu non puoi avere idea d'un altro contrasto cioè di quello che prova un occhio avvezzo all'infinita magnificenza e vastità de' monumenti romani, paragonandoli alla piccolezza e nudità di questo sepolcro. Si sente una trista e fremebonda consolazione pensando che questa povertà è sufficiente ad interessar e animar la posterità, laddove i superbissimi mausolei, che Roma racchiude, si osservano con perfetta indifferenza per la persona a cui furono innalzati, della quale o non si domanda neppur il nome, o si domanda non come nome della persona ma del monumento. 

Vicino al sepolcro del Tasso è quello del poeta Guidi, che volle giacere prope magnos Torquati cineres, come dice l'iscrizione. Fece molto male. Non mi restò per lui nemmeno un sospiro. Appena soffrii di guardare il suo monumento temendo di soffocare le sensazioni che avevo provate alla tomba del Tasso.

Anche la strada che conduce a quel luogo prepara lo spirito alle impressioni del sentimento. E' tutta costeggiata di case destinate alle manifatture, e risuona dello strepito de' telai e d'altri tali istrumenti, e del canto delle donne e degli operai occupati al lavoro. In una città oziosa, dissipata, senza metodo, come sono le capitali, è pur bello il considerare l'immagine della vita raccolta, ordinata e occupata in professioni utili. Anche le fisionomie e le maniere della gente che s'incontra per quella via, hanno un non so che di più semplice e di più umano che quelle degli altri; e dimostrano i costumi e il carattere di persone, la cui vita si fonda sul vero e non sul falso, cioè che vivono di travaglio e non d'intrigo, d'impostura e d'inganno, come la massima parte di questa popolazione. 

Ha un’opinione davvero negativa di Roma…

L’uomo non può assolutamente vivere in una grande sfera, perché la sua forza o facoltà di rapporto è limitata. In una piccola città i possiamo annoiare, ma alla fine i rapporti dell’uomo all’uomo e alle cose, esistono, perché la sfera de’ medesimi rapporti è ristretta e proporzionata alla natura umana. In una grande città l’uomo vive senza nessunissimo rapporto a quello che lo circonda, perché la sfera è così grande, che l’individuo non la può riempire, non la può sentire intorno a sé, e quindi non v’ha nessun punto di contatto fra essa e lui…La facoltà sensitiva dell’uomo, in questi luoghi, si limita al solo vedere…L’unica maniera di poter vivere in una città grande, e che tutti, presto o tardi, sono obbligati a tenere è quella di farsi una piccola sfera di rapporti, rimanendo in piena indifferenza verso tutto il resto della società.

Darà a Roma un’altra opportunità?

…io sono molto più ostinato che volubile, e molto più disprezzatore che ammiratore.

Le risposte di Giacomo Leopardi sono "estratte" dall'epistolario ed. Einaudi a cura di Sergio e Raffaella Solmi. (Lettere del 1822-23, indirizzate al fratello Carlo e alla sorella Paolina)

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