Volevo solo essere adorata (trama, recensioni, testi ed immagini...)

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versione cartacea ed. 1999




Disponibile anche in cartaceo (edizione 1999; pagg. 85, formato cm12x cm17)  per informazioni: marcandrei67@gmail.com








Trama

Due studentesse si conoscono perché le finestre delle loro abitazioni sono l'una di fronte all'altra. Nascerà un'amicizia profonda ed è soprattutto Emilia,
aspirante pittrice, ad arricchire il rapporto con la sua vivace intelligenza ed una geniale vena artistica. Viaggerà molto a piedi e con la mente, fino a quando andrà a Capo Nord:
 "Voglio acqua con cui circondarmi,acqua che allenti la tensione della vita e mi riporti nel primordiale liquido amniotico. Quella vita volutamente obliata per non doverla poi rimpiangere".
Questo libro è nato a Firenze camminando lungo l'Arno, su Ponte Vecchio, attraversando Piazza della Signoria, calpestando sampietrini, evitando piccioni, osservando, parlando, ridendo...

Recensioni

“Che cosa guarda una persona che ha indagato a lungo dentro di sé, tanto in profondità da non uscirne più?”
I luoghi dell’anima sono momenti in cui lo spirito, estraniato dal mondo, sprofonda e, inesorabilmente, si abbandona al flusso continuo dei pensieri. Basta uno sguardo, a volte lanciato a un passante per strada in attesa, una goccia di pioggia sugli stivali colorati, una nuvola che passa lenta nel cielo, e l’attenzione viene completamente rapita verso una dimensione tutta interiore. Ve ne è uno di questi luoghi, in particolare, più impervio da esplorare, ed è quello in cui la luce non arriva più in maniera prorompente come accade, forse, come sembra lecito pensare, durante l’infanzia, ma va affievolendosi nel momento in cui gli interrogativi prendono il sopravvento sull’azione spontanea. E allora ci si guarda allo specchio, sdoppiandosi, attraverso gli occhi di un’altra persona, per scoprire cosa c’è oltre, dentro noi stessi. “L’adolescenza è l’unico momento della vita che vale la pena di vivere, ti poni dei problemi che in futuro non avrai più tempo di analizzare, cominci a intravedere come nasce la tua mente, hai i primi sintomi di come affronterai quest’influenza chiamata vita”.
In “Volevo solo essere adorata”, Marcella Andreini riporta i propri pensieri e turbamenti toccando con delicatezza le corde dell’anima del lettore, talvolta confondendolo, ma poi salvandolo da questo abbacinato delirio interiore, prendendolo discretamente per mano e conducendolo in quei posti in cui non ha forse ancora mai osato addentrarsi. Così, ricorrendo al topos del doppio, l’autrice solleva complesse questioni esistenziali, quali la solitudine, l’alienazione e l’incomunicabilità, e lo fa raccontando una storia che non vive di una propria trama, ma si sviluppa in un alternarsi di infinite riflessioni che appartengono ora alla narratrice misteriosa, che si rivela sin da bambina un’anima sensibile, ora a Emilia, personalità creativa ed estremamente introspettiva, sua amica studentessa giunta a Firenze, città in cui si svolge la vicenda, attratta dalle “rovine umane”.

Emilia dipinge, ma lo fa imbrattando le sue tele, nel tentativo di ritrarre il volo del gabbiano, ad esempio, quando si sente in gabbia. Emilia è diversa da chi sa già dove andare e cosa la sua vita deve diventare, come la sorella che sta per sposarsi; Emilia la sua esistenza la costruisce come si fa con un’opera d’arte, seguendo il flusso.

“Volevo solo essere adorata” è un libro che tratta di laceranti dicotomie che tante volte sconvolgono e immobilizzano, come quella fra intelligenza e passione. La prima limita perché viviseziona quanto coglie, la passione invece costruisce, è il moto dell’anima che impara ad esprimere se stessa.

Emilia, interrogandosi incessantemente, nella sua spasmodica esigenza di definizioni e spiegazioni, svela l’ambìto tentativo di imparare a stare in equilibrio sul filo della vita, quel filo che tante volte i bambini, tenendo stretto fra le mani un palloncino, per sfida provano a lasciare andare, con l’intento di riafferrarlo subito dopo. E dove vanno a finire allora i palloncini? Arriva un momento nella vita in cui si deve allentare la presa e guardare il palloncino intraprendere il suo viaggio verso l’ignoto. Non è il cielo blu, immenso, che deve far paura, ma quella voglia di tenere a bada ciò che può andare da sé, come un uccello libero di volare, come una vita libera di decidere anche il suo triste epilogo.

Il libro che scrive Marcella Andreini sembra non avere la presuntuosa pretesa di colpire il suo pubblico, se non con la genuinità dei suoi pensieri. E’ una confessione spontanea, un viaggio interiore, di un’anima alla ricerca di se stessa, che si ritrova dopo aver imparato a stare sola con se stessa, dopo aver guardato in faccia il suo dolore. Come Socrate, la protagonista conversa con il suo dàimon, quella voce interiore che ora esorta, ora dissuade, in un perpetuo incalzare di interrogativi, considerazioni e prese di coscienza.
Con acutezza, l’autrice raggiunge allora momenti di intensa scrittura mettendo nero su bianco le azioni-pensieri dell’Anima che si di-strugge e si reinventa dinanzi a quell’incomprensibile, ma attraente spettacolo, che è la vita, e che si deve recitare interpretando il ruolo da protagonisti, autentici e consapevoli se stessi, anche dinanzi a un pubblico che spesso, a un passo da noi, appare estraneo e indifferente. (di Domizia Moramarco su Cultura al Femminile)
Questo libro secondo me è un libro filosofico. Non nel senso di difficile da capire o astruso, ma porta a interrogarsi su dei significati profondi. Ci mette davanti a cose che a volte fingiamo di non vedere. Scardina i perni dell’ovvio, del prevedibile, dell’è stato sempre così e sempre così sarà. Grattando sotto la superficie, si può vedere molto, sempre se si è pronti e si vuole vedere! Leggendolo, le riflessioni sulla vita e sulla morte e sul senso delle cose vi travolgeranno in un turbine di emozioni e pensieri. È un libro che, nella sua brevità, sa colpire il cuore con passaggi profondi al punto di perdersi! (Romina Tamerici).

La solitudine, ecco. È di questo che parla il libro. Ma cos’è la solitudine? Ce lo spiega l’Autrice, che ci regala qui una definizione inaspettata: La solitudine non è una situazione statica. Un’assenza di esperienza ma è essa stessa esperienza di se stessi. Un approfondire quelle albe di verità che si possiedono da sempre, un progredire verso la lucidità della propria esistenza fino agli estremi della propria vita per poi viverla con consapevolezza o ucciderla. La solitudine è quindi un valore positivo, un’esperienza che contribuisce al processo di formazione di ciascuno di noi. Tutti hanno provato un qualche tipo di solitudine nella propria vita, vuoi da ragazzo, quando finite le scuole dell’obbligo ci si trova improvvisamente senza amici, vuoi da adulti, a seguito di una perdita, vuoi da anziani, quando ci si rifugia nei propri piccoli riti quotidiani, affinché questi ci regalino l’illusione di essere ancora vivi. Ma la solitudine non va allontanata, tutt’altro, va assaporata, gustata, vissuta come un momento di grande crescita. Uno dei pochi passaggi della vita in cui possiamo finalmente goderci noi stessi, guardare il nostro interno ed elaborare il nostro esterno. (The Obsidian Mirror).


"Volevo solo essere adorata" (Edizioni L'Autore Libri - Firenze), scritto da Marcella Andreini, cara amica laureata in lingue e letterature straniere nonché blogger, è la storia di due studentesse che abitano nella stessa strada.
Meglio ancora, il libro di Marcella Andreini, è la storia di Emilia, la cui storia è raccontata dall'amica, in prima persona.
Emilia, anima fragile, enigmatica, profondamente riflessiva. Anima fragile non in quanto debole, tutt'altro. Anima fragile in quanto, piuttosto, capace di andare al di là delle apparenze, dei meri rapporti umani, spesso vuoti e fatti di "normalità".
Quella "normalità" che vede nelle sorelle e nella madre. Nella sorella che sta per sposarsi e vuole dei figli. Emilia no. Non li desidera. Lei ama dipingere e vuole andare a Capo Nord.
Lei ama "auto-intervistarsi". E' un modo per riflettere su sé stessa. E' un modo, come il suo dipingere, per far sì chel'artista prevalga sulla persona, altrimenti la realtà prenderà il sopravvento, come lei stessa afferma.
Una realtà, quella che la (ci) circonda, che Emilia non accetta. Dentro di lei si sente profondamente sola, è come...essere strigliati da una spazzola di metallo sotto la pelle, aghi che ti percorrono le ossa, le vene...tutto il corpo.... Emilia non ama la vita e vuole farla finita. Lo confessa alla sua amica, dicendole che la sua vuole essere una scelta di coerenza con sé stessa, ponderata e preparata da anni.
E così avverrà. Del resto Emilia all'amica diceva cose come: Forse è qui il segreto della mia apparente serenità: sapere che volendo uno può farla finita. Emilia si toglierà la vita, senza che la sua amica abbia potuto fare nulla per lei, se non ascoltarla, in vita, così come Emilia le chiedeva. In verità Emilia non ha mai chiesto niente a nessuno. E' volata via, in punta di piedi. Lucidamente e razionalmente.
"Volevo solo essere adorata", io credo, è un piccolo romanzo per andare al cuore, all'anima della sua protagonista, che può essere anche l'anima di ciascuno di noi. Un'anima spesso inascoltata, tormentata, bombardata e violentata da miriadi di informazioni, personalità, affetti passati che forse non torneranno più. Oppure affetti presenti, che sono lì, silenti, in attesa di riunirsi alla nostra anima, ancora confusa, ancora preda di futili attaccamenti.
(http://www.lucabagatin.ilcannocchiale.it/)


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