Evasioni

L'ombra dei platani svelava il vento. Lui era tranquillo.
Fissava questa immagine e pensava a quanto lo facessero incazzare parole quali felicità, confessare, gioviale e quante erano ormai prive di contenuto: sogno, per esempio.
Le fronde dei platani emettevano un suono.  Aumentava la sua tranquillità.
Anche emettere era una parola che detestava.
Aveva sempre amato passeggiare da solo con le mani in tasca per essere raccolto in sé. Vagabondare e vagolare gli piacevano, ne andava pazzo, erano parole che sentiva dentro: erano sue, come suo era il suo nome, Piero.
Alle 13.30 aspettava fuori dalle scuole gli zaini in cerata viola e verde, arancio giallo e rosso, ancora molti i visi paffuti, alcuni da soli in un gruppo; i motorini ritornavano a casa. Alcuni studenti aspettavano l'autobus e Piero si fermava a parlare con loro: si alzavano la mattina alle 6,30 per percorrere 30 chilometri verso le 6 ore di lezione, 2 ore al giorno le passavano aspettando l'autobus e la fine del viaggio, il sabato erano stanchi, a maggio stanchissimi. Piero aveva fatto la loro stessa vita, ma solo per due anni, poi si era ritirato dalle scuole superiori dove aveva conosciuto Laura e dove Laura aveva già incontrato Oreste.
Ma Piero in un modo o in un altro andava avanti, Laura no.
Laura era morta da un anno e due mesi.
Lui no, lui che voleva scatenarsi di dosso la vita era, malgrado il suo volere, costretto ad ammettere che adesso era tranquillo: le ombre blu dei platani mosse dal vento, la luna con le nuvole e i tetti e nessuna cosa intera ma tutto era un veloce frammento, come la vita di ogni individuo. E Laura era il più bel frammento che Piero avesse mai incontrato. E lui lo aveva vendicato e finalmente era tranquillo.
La sirena lo lampeggiava di blu. Il blu gli era sempre piaciuto e adesso lo accompagnava dove per alcuni termina la libertà ma dove per lui sarebbe iniziata. Finiva la prigionia di una vendetta a lungo rimandata, aveva tolto la vita a chi gli aveva tolto tutto: tutto era Laura, con la sua infanzia che Piero aveva iniziato a conoscere da quel pomeriggio al tavolo della paninoteca dopo l’esame di maturità di Laura, e i difetti di Piero erano diventati pregi per Laura e i difetti di Laura erano diventati pregi per Piero. Ne avevano molti di difetti in comune. Secondo Laura erano un po’ insicuri. Ma adesso, il volto di Piero stava lampeggiando di blu e quello che il baluginare illuminava era un volto fermo, deciso, il volto di chi sta navigando verso una libertà che pensava ormai irraggiungibile.
Il blu che lampeggiava era brezza che rigenerava.
Dopo tanto tempo tornava a pensare al suo futuro: avrebbe avuto un avvocato difensore, lui non si sarebbe difeso.
Lo avrebbero processato, lui non avrebbe risposto.
Lo avrebbero condannato all’ergastolo, si sarebbe liberato dall’umanità che comprendeva anche quei giovani paffuti adolescenti che lui, fino ad allora, aveva protetto all’uscita dalla scuola.
Chiuso in una cella sarebbe evaso con l’immaginazione e niente fin dall’infanzia lo aveva soccorso come la sua forte immaginazione. Troppa, forse.
Proprio con quella immaginazione aveva inventato Laura prima ancora di incontrarla.
Di sicuro Laura non avrebbe approvato il suo gesto, era pacifista Laura; Piero lo era stato.

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