Tarli senza Cornici (trama, recensioni, testi ed immagini...)

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Trama
Un progetto folle lega Giuseppe e Maria: ricostruire la Sacra Famiglia.
Personaggio centrale è Giuseppe che vive con dolore e senso di colpa non aver potuto essere padre naturale:
“Piallavo e toglievo, ed ogni truciolo che cadeva mi alleggeriva il senso di colpa senza fare rumore, senza che nessuno ci facesse caso e riconoscesse la mia innocenza. Ho riempito la falegnameria di trucioli, fino a che, tra le mani ho ritrovato me stesso, pulito, innocente, ignaro, forse vittima”.
E come marito di Maria?
"Giuseppe l’aveva presa con sé seguendo il volere di Dio che adesso era diventato la sua stessa coscienza, la volontà di Giuseppe era Dio e anche lui, come tutti quelli che si avvicinano alla verità, era impazzito completamente. Ma nella logica della follia c’è l’orgoglio di andare controcorrente: quanti uomini avevano salvato una donna oltre a lui? Nessun altro – pensava – solo io, che do e non prendo mai; io che do e poi mi si dimentica; ho salvato due vite per darle in pasto a questa umanità egoista, forse sono stato addirittura il complice di un delitto, non ci sarà generosità che accoglierà mio figlio. E quante donne ancora soffrivano, tacevano e per questo morivano? In fondo lui somigliava a queste donne silenziose perché le sue ribellioni erano state sempre silenziose e Giuseppe sapeva che il silenzio non attira né amici né nemici ma ancora silenzio che tra gli uomini significa solitudine. E Giuseppe era Dio, Giuseppe era il Padre, Giuseppe era la Donna, Giuseppe era la Verità, Giuseppe non era un uomo della terra. Aveva raccolto Maria, aveva raccolto Vittorina, lui raccoglieva le donne che gli altri uomini gettavano."

Recensioni:
Tarli senza cornici è un libro di cui è molto difficile parlare per me perché affronta un tema religioso da un insolito punto di vista, ma ci voglio provare.
Marcella Andreini non poteva certo sapere che una delle mie domande ricorrenti sulla mia religione è: che fine ha fatto Giuseppe? Non sto scherzando, l’ho chiesto spesso a varie persone che si occupano di teologia e fede, perché nella Bibbia non esiste una risposta. Giuseppe è presente sono negli episodi dell’infanzia di Gesù e poi di lui si perdono le tracce. L’ipotesi più probabile è che sia morto quando Gesù era piccolo o comunque non aveva ancora cominciato a predicare. Ciò viene confermato da alcuni vangeli apocrifi che però confesso di non aver mai letto. Tuttavia ricordo bene la scena del film La Sacra Famiglia in cui Giuseppe muore. Un momento toccante a dir poco.
Ma perché vi sto facendo tutto questo discorso? Un po’ di catechesi? No, non è l’ennesimo off-topic perché il libro Tarli senza cornici racconta della storia del signor L., che ha l’obiettivo di ricreare la Sacra Famiglia e si comporta come Giuseppe. Un Giuseppe che però non è morto durante l’infanzia di suo figlio, ma è stato allontanato dagli evangelisti e costretto a non poter vivere al fianco di Maria e Gesù. Il signor L. si trova così a intraprendere un viaggio alla scoperta di un Figlio che non ha mai potuto conoscere davvero. Dentro di lui c’è un grande senso di abbandono e di impotenza. È un padre putativo, si sente un padre abbandonato. Prova per il figlio un grande amore, ma anche sentimenti contrastanti: vuole tornare a proteggerlo come quando era piccolo, ma allo stesso tempo non riesce a capirlo perché troppo diverso da lui. E così parte il suo percorso a ritroso in un passato non suo, ma chiesto in prestito a una figura che sente a lui vicina.
Ho recitato tante vite e tante personalità diverse dalla mia, e forse non ho un’unica identità. Il bello di noi attori è proprio questo: avere una personalità plastica, provare tutte le vite possibili, fagocitarle. Questa di Giuseppe è l’unica che mi è rimasta dentro, avrei voluto cioè essere lui.
[Testo tratto da Tarli senza cornici di Marcella Andreini]

Nel suo viaggio alla ricerca del senso della sua paternità e ancor più della sua stessa vita, Giuseppe coinvolge anche una donna e un bambino: Vittoria (una poetessa che vive come una barbona) e Valerio (un bambino che ha i genitori separati). Insieme i tre cercano la rappresentazione di una Sacra Famiglia capace di raccontare davvero la loro condizione. La condanna di questi personaggi è una storia che si ripete, è l’essere visti con gli occhi dei pittori che nei quadri non hanno immortalato il reale ma la loro visione. Questo libro diventa così anche un viaggio nell’arte come mezzo per raccontare e tramandare se stessi. Ed è perfino un viaggio nel teatro (molte parti sono scritte come partiture teatrali), dove gli attori interpretano personaggi e poi divengono personaggi, ma non siamo forse condannati tutti a questa sorte? Rappresentiamo dei ruoli e ne restiamo invischiati.
Vittoria, per esempio, cambia identità varie volte, alla ricerca di un suo posto nella storia, nella vita, nel dolore. Vittoria, Vittorina, Luce, Maria: una donna, tante identità, una sensibilità molto particolare, come quella di ogni poeta.
Sono rara come tutte quelle persone che trovano significativi e vitali particolari che per altri non rappresentano neanche note insignificanti così passo il tempo a raccogliere le delusioni e i sogni caduti degli uomini: sa, la gente attraversa la strada mentre sta pensando ad un progetto, ad un sogno ma quando sale sul marciapiede, a volte sente che quel sogno non lo potrà realizzare e allora quel sogno cade; ma sa perché cade? Perché la persona scuote la testa, si ravviva i capelli e continua la giornata, indifferente al suo sogno e così, tra scossoni e indifferenza, il sogno cade; a questo punto arrivo io e lo raccolgo e lo faccio mio. Faccio come gli spazzini, solo che loro raccolgono i ricordi materiali e vissuti, scarpe, bottiglie, carte di caramelle; io invece raccolgo quei sogni che non saranno mai dei ricordi, ma solo malinconie, nostalgie, a volte ulcere, e le scrivo.
[Testo tratto da Tarli senza cornici di Marcella Andreini]

Quello che colpisce in questo libro sono poi le riflessioni che raggiungono profondità impossibili da capire pienamente. Sono specchi sulla nostra anima nei quali non possiamo cogliere che uno sfuocato riflesso di ciò che anche noi sentiamo, magari in modo diverso, magari senza avere il coraggio di ammetterlo, come nella necessità di rivendicare il proprio diritto al dolore, a soffrire per ciò che ci fa stare male.
Si può invidiare un dolore? Io l’ho fatto, io ho invidiato il dolore di Maria che raccoglieva il sangue di nostro figlio… Dio, Dio io volevo partecipare a quel dolore, lo capisci?! Ho provato invidia per Maria, per Maddalena e Giuseppe di Arimatea che lo raccoglievano morto dalla croce, se lo ponevano sulle ginocchia, lo accarezzavano per l’ultima vola, ne sentivano il corpo perdere calore e ne seguivano l’impallidire. Erano lì con lui in quegli ultimi respiri ma io no, tenuto lontano anche da questo, ritenuto incapace di poter essere di aiuto o poter condividere un dolore.
[Testo tratto da Tarli senza cornici di Marcella Andreini]

Nel passo seguente invece il ricordo di una città lontana viene descritto con pennellate vive di immagini e diventa poi, secondo me, emblema anche di un futuro di pace che nel mondo odierno pare troppo lontano.
Dovrò ricordarti finché la memoria me lo permetterà o finché il dolore non supplicherà la mente di dimenticare per smetterla di soffrire in questo modo insopportabile. Se irraggiungibile in questo momento, sei inavvicinabile e io ti tengo dentro, ti porto con me, con le mie gambe stanche e vecchie, ti porto nella mia pelle macchiata dal tuo sole e dalla tua aridità; i miei occhi hanno smesso di osservare perché per quanto sforzi le pupille tu sei troppo lontana e persa, sì sei persa Gerusalemme, ti ho persa, ti abbiamo persa tutti quanti, oriente e occidente, nessuno ti ha raggiunta, nessuno ti ha amata; sei stata disprezzata come l’uomo di oggi disprezza la spiritualità, come l’uomo di tutti i tempi ha disprezzato la pace. Le nostre colombe sono diventate aquile e i loro ramoscelli prede insanguinate.
[Testo tratto da Tarli senza cornici di Marcella Andreini]

Tarli senza cornici non è un testo fedele al testo sacro, pur contendo precisi riferimenti alle vicende dei Vangeli. Giuseppe per esempio sembra sentirsi vittima di una scelta divina ed è arrabbiato con Dio e perfino con Gesù in vari passaggi. Per questo è un libro di cui è difficile parlare per me. Credo però che il segreto stia nel non inquadrarlo troppo in un’ottica religiosa. Di fatto non è un testo che si prefigge di raccontare la realtà della vita di Giuseppe o il suo vero legame con Dio, Maria e Gesù. È un’occasione per guardarci dentro, perché è impossibile non rimanere coinvolti nel dolore di quest’uomo il cui unico desiderio è amare ed essere amato. Non si può non venire risucchiati dalle parole di Maria (Vittoria) che aspetta da un momento all’altro di perdere di nuovo suo figlio. Nella loro follia (se tale si può definire il bisogno di amore) i personaggi di questo libro rappresentano in una sorta di allegoria ognuno di noi alla ricerca di qualcosa e/o terrorizzato di poter perdere ciò che ha.

In fondo, anche la follia può essere un bene. E forse i folli non sono poi meno normali degli altri. Forse sono solo persone capaci di uscire dagli schemi, dalle briglie di ciò che non sentono come proprio e poi…
Si può parlare per ore senza stancarsi con dei matti e si può stare a lungo in silenzio con dei matti. È con le persone normali che i silenzi sono imbarazzanti e le conversazioni insopportabili. [Testo tratto da Tarli senza cornici di Marcella Andreini, edito da Il mio Amico, p. 2]

Insomma, è un bellissimo libro: struggente nella sua profonda umanità (di Romina Tamerici)


"Giuseppe, quello originale, non ha lasciato nulla. L’assoluto silenzio che lo avvolge lascia presupporre che fosse morto non molto tempo dopo la nascita di Gesù. Morto senza lasciare nulla, se non una statuina in un presepe. Nessuno fu testimone del mio dolore, nessuno neanche in futuro si degnò di celebrare il mio lutto; perché anch’io sono stato un padre in lutto ma nessuno, ebbe una parola di conforto, compresa la storia, la maledetta e snob storia che privilegia gli imperatori e gli imperi, gli assassini e i traditori, gli intrighi e le guerre, non certo un falegname diventato padre putativo perché tirato in ballo da un dio pigro, pigro come tutti gli dei. E che dire dell’arte, sublime per quanto maledetta, il matrimonio felice tra sensibilità e atrocità? Due, forse tre sono i pittori che mi hanno rappresentato ma poi nessuno ha celebrato la paternità. E anche le Sacre Famiglie sono opere in cui mi si dipinge mortificato, per gentile compassione del pittore..." (potete leggere la recensione completa su The Obsidian Mirror)

"Giuseppe e Maria o, meglio, i protagonisti di "Tarli senza cornici", secondo romanzo di Marcella Andreini, decidono di andare a Firenze in treno - agli Uffizi - per osservare le varie esposizioni delle Sacre Famiglie. In treno incontrano Valerio, 11 anni, genitori separati, che va da solo a Pisa dal padre. Giuseppe e Maria gli chiedono di diventare, per finta, il loro unico nipote e così il piccolo incarnerà una sorta di Gesù che si affezionerà più ai suoi presunti nonni che ai genitori, i quali non si amano più.Valerio, come è logico che sia, non recandosi più a Pisa, bensì a Firenze, sarà dichiarato scomparso e la vicenda sarà seguita, oltre che dalle forze dell'ordine, dalla televisione e dai media.
Giuseppe e Maria, o, meglio, il Sig. L. e Vittoria, intanto, vivono la loro finzione di impersonare i veri Giuseppe e Maria. Osserveranno, nei dipinti, un Cristo biondo e con gli occhi azzurri, anziché un galileo, con occhi e pelle bruni. Osserveranno una Madonna giovane e bella, lontana dalla figura di una vera madre. Ed un Giuseppe marginale, quasi inutile.
La finzione è veramente loro o, piuttosto, quella di un'iconografia cristiana che ha alterato la realtà ? La finzione è veramente di questi due folli emarginati o, piuttosto, quella dei mass media che seguono le loro vicende, con feticistica morbosità ?
Valerio, infondo, non è stato realmente rapito. Valerio vuol bene a Giuseppe e Maria che, purtuttavia, una volta intercettati dai Carabinieri, finiranno in manicomio. "Sani nell'arte e pazzi per la gente".
Un romanzo suggestivo, quello di Marcella Andreini, che già con il suo "Volevo solo essere adorata" ha affrontato il tema scottante del suicidio. Con "Tarli senza cornici" affronta così l'altra tematica tabù della società moderna, ovvero la follia e l'emarginazione. In un affresco dai contorni laico-religiosi, spirituali, filosofici che rapisce anche il lettore meno sensibile." (di Luca Bagatin)

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